L’attuale emergenza Coronavirus sta mettendo in seria difficoltà il mondo del lavoro, sia dal punto di vista della domanda che sarà destinata a scendere, decretando un possibile fallimento di molte aziende, sia per le nuove regole e leggi a cui bisogna adattarsi. Queste sono necessarie per la messa in sicurezza di tutti i luoghi di lavoro, sia essi fabbriche o uffici.
A tal proposito, una delle criticità più importanti emerse dalle recenti analisi sulla sicurezza nel posto di lavoro riguarda la tutela della privacy e la protezione dei dati personali. Data l’emergenza sanitaria stanno infatti prendendo piede misure di sicurezza sempre più invasive, come la misurazione della temperatura all’entrata del luogo di lavoro e la richiesta di nuove certificazioni che contengono informazioni personali riguardo lo stato di salute.
Queste nuove misure che devono essere garantite in tutti gli ambienti e da tutti i datori di lavoro, vanno però a scapito della propria riservatezza, e quindi destano non poche preoccupazioni.
Bisogna quindi riuscire a conciliare la sicurezza con il rispetto della privacy.
Il nuovo protocollo
Per la ripartenza organizzata a partire dalla fase 2, sono state varate tutto un insieme di misure volte a regolamentare e sfavorire il possibile contagio tra colleghi. Per mettere ordine tra i vari comandi è stato emesso un nuovo protocollo che indica tutte le misure che è necessario rispettare sul posto di lavoro.
Il 14 marzo di quest’anno è stato siglato dai rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e dal Governo questo protocollo, con lo scopo di contrastare la diffusione del virus negli ambienti di lavoro.
In questo documento si parla e si fa chiarezza sul trattamento dei dati personali da parte delle aziende. Consentendo l’accesso ai dati personali solo se finalizzato allo scopo di contenere l’espandersi del virus.
Più nello specifico si consente la misurazione della temperatura e la richiesta di determinate autodichiarazioni che indichino l’estraneità a determinate zone a rischio nonché l’inesistenza di contatti con persone che hanno contratto il virus. Oltre a ciò vengono poi dati specifici ordini organizzativi e ribadite norme di buon senso da tenere in considerazione durante il lavoro; alcuni esempi sono le indicazioni sull’entrata nel posto di lavoro o sugli assembramenti e riunioni.
Questo protocollo però preoccupa, perché consente e legittima la raccolta e il trattamento di dati personali riguardo lo stato di salute di dipendenti e fornitori.
Per la sicurezza dei dati personali dei propri dipendenti, si deve far riferimento alla figura del Data Protection Officer. Secondo una ricerca condotta da Federprivacy, sebbene questa figura non sia stata per le aziende parte fondamentale e integrante nella produzione e nella sicurezza fin dall’inizio, il trend si sta rovesciando. Nello specifico il 68% dei Data Protection Officer hanno confermato di non essere stati coinvolti nelle attività fin dall’inizio. Una volta interpellati però, sono stati ascoltati e seguiti. Infatti, nel 63% dei casi, queste figure, dopo una riluttanza iniziale, hanno collaborato con la messa in sicurezza del luogo di lavoro, affermando che le loro opinioni hanno avuto peso sulle successive decisioni del management.
Per quanto riguarda l’aggiornamento e la messa in regola dei protocolli, dallo stesso studio è emerso come queste nuove figure abbiano aiutato al rimodellamento delle norme in azienda. Nel 59% dei casi infatti, si è resa necessaria la modifica o l’integrazione di atti e documenti nella gestione della privacy. All’opposto, solo il 13% delle aziende ha ritenuto che non fosse necessario alcun intervento o modifica in questo campo specifico.
Covid19, lavoro e Implicazioni sulla privacy
È importante che i datori tutelino i lavoratori e che quindi adottino alcune accortezze per permettere agli standard di sicurezza di rimanere alti, e allo stesso tempo di non nuocere alla privacy individuale.
In tal senso ci sono più vie che si possono prendere, come ad esempio, rilevare ma non registrare la temperatura corporea, a meno che non sia sopra la soglia di sicurezza definita a 37.5˚; solo in tal caso è importante annotare il dato raccolto, per avere indicazioni sulla legittimità dell’esclusione degli individui dagli ambienti di lavoro.
È inoltre importante che tutti i lavoratori dispongano dell’informativa sul trattamento dei dati personali, anche solo oralmente. Questo documento, per essere in linea con la normativa, dovrà in particolare fare riferimento alle seguenti informazioni: finalità del trattamento, base giuridica e durata della conservazione dei dati. Per legittimare tali informative si può far riferimento alla prevenzione e al contagio da COVID-19 per tutta la durata dell’emergenza; come base giuridica si può indicare l’articolo 1, n.7, lett. D del DPCM 11 marzo 2020.
Infine, per la protezione dei dati personali, è importante predisporre personale specifico per la raccolta e il trattamento dei dati. Va sempre ricordato che i dati hanno il solo ed unico scopo di prevenzione dal contagio da COVID-19, e che quindi non possono essere assolutamente ceduti o comunicati a terzi al di fuori della normativa.
Una volta organizzato il personale apposito, va elaborato un metodo di raccoglimento dei dati in grado di garantire la sicurezza e la dignità del lavoratore, soprattutto nel caso esso risulti malato o ci siano stati contatti con persone che hanno contratto il virus.
I dati raccolti vanno poi minimizzati per non ledere la privacy del personale. È possibile fare ciò attraverso varie procedure come la preparazione di luoghi adibiti appositi per le misurazioni, e in caso di pericolo, l’isolamento in luoghi adeguati e appartati e la comunicazione di ciò che sta avvenendo al solo personale ed ufficio adibito a ciò. In tal modo si evita che le informazioni raccolte non circolino a sproposito.
Registro dei trattamenti
Per rispettare queste nuove norme, è fondamentale aggiornate il registro dei trattamenti, inserendo i nuovi processi necessari, come la misurazione della temperatura.
Una volta poi predisposto il personale specifico addetto al trattamento dei dati raccolti, questo va aggiornato e organizzato secondo le istruzioni specifiche contenute in ex art. 29.
Anche in questo caso la figura del Data Protection Officer è stata molto rilevante. Queste figure hanno infatti aiutato a rivedere, aggiornare ed adeguare le procedure e i moduli, per mantenerli in linea alla nuova emergenza data dal virus. L’85% del campione conferma di aver aiutato l’azienda in tal senso, e il 28% di aver aiutato anche nella formazione del personale.
Cosa fare con una persona sintomatica in azienda
È quindi di estrema importanza adottare le misure più efficaci per la gestione della salute dei lavoratori e per la messa in sicurezza degli ambienti.
A tale scopo è importante anche avere dei protocolli in caso di sintomi evidenti in uno o più individui. Se un lavoratore risenta di alcuni di questi, è importante che informi immediatamente il proprio datore di lavoro. A questo punto il titolare dovrà mantenere riservata la comunicazione ed utilizzare i canali organizzati ad organizzati per la gestione di questa informazione. Allo stesso tempo il dipendente in questione va isolato, sempre rispettandone la sua privacy e la dignità.
Non va dimenticato che anche le autorità sanitarie competenti sul territorio devono essere tempestivamente avvisate. Questo per aiutare nella gestione del possibile malato.